NOCTURNO grigio

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Titolo
NOCTURNO grigio

Staff Creativo
Story By: Matteo Bonvicino
Director: Matteo Bonvicino


Synopsis

Un incidente d’auto. Un banale incidente d’auto che può, però, stravolgere la vita. Anzi, annichilirla del tutto. Inscatolati nella nostra mente non siamo in grado di interagire con il mondo che ci circonda. Non c’è altra via d’uscita se non accettare questa nuova, desolante realtà.


La Rilettura

Un schianto improvviso. Uno scontro mortale. La vita che sta per finire. L’ansimare rapido ed incontrollato. Poi, le sirene di un’ambulanza. La corsa sfrenata in ospedale. La lotta della vita contro la morte.

Ma, anche, la lotta della morte contro la vita. Entrambe ancora forti, ancora in grado di prevalere l’una sull’altra.

Poi, improvvisamente, una stanza grigia. Anonima. Senza porte nè uscita. Ed un uomo solo, prigioniero in una scatola di vetro. Impossibilitato ad interagire con la stanza stessa e gli oggetti presenti. Un pianoforte ed un leggio, ad esempio, voltati contro la parete, ad indicare l’impossibilità ad essere creativo di nuovo. Di essere ancora capace di provare emozioni delicate, leggere.

Delle statue, ad indicare l’immobilità e la rigorosità della situazione. Una situazione opprimente, lacerata solo dalla comparsa improvvisa di un giocoliere, dedito a gettare in aria dei bicchieri. Dei calici, da cui dissetare la propria sete di vita. Purtroppo, però, i calici sono vuoti. Non è più il momento di bere dalla fonte della vita. E’ troppo tardi. Si fa beffe della precarietà della vita ed il rischio imminente che possa cessare. Si fa beffe dell’uomo.

Il giocoliere è il primo di questi fantocci umanizzati che scorrono di fronte agli occhi dell’uomo. Ma è anche il più importante proprio perchè è il primo a presentarsi. Come un moderno virgilio ha il compito di accompagnare l’uomo lungo questo percorso. Un percorso immobile, dopotutto, fatto solo di ingressi e di dipartite di altre figure strane e raccapriccianti. Espressioni liturgiche della mente dell’uomo, intrappolata nella scatola.

Intrappolata proprio perchè sembra farsi scudo con la sua stessa natura. Se l’uomo fosse libero, sarebbe perso. Perso in quella stanza, luogo del quale non ha ancora compreso la reale natura. Ergo, come ultima baluardo di sopravvivenza, l’uomo è schermato da quel luogo.

Un uomo ricoperto di sangue. Il suo sangue, raggrumato su un bel vestito. Il massaggio che il giocoliere esegue alla sue spalle è una metafora. Il messaggio è chiaro e lampante. In questa condizione è opportuno trovarsi a proprio agio, pena lo sconto di un’esasperazione troppo forte da sopportare.

Una delle due porte si apre. L’uomo mostra i muscoli e si allontana. Il giocoliere piange. Sa che la dipartita del fantoccio insanguinato è presagio di oscuri destini. Ma, forse, l’ha sempre saputo. L’ha sempre considerata come un’opportunità, dopotutto. Il suo ghigno beffardo, asciugatosi le lacrime, ne è la prova.

Il tempo scorre e poi si ferma. L’eco di un infermiere annuncia le condizioni critiche dell’uomo. Entrambi, l’uomo e il giocoliere, si disperano. Ed il loro esternare questa disperazione è simettrico. A rappresentare un’esternazione emotiva differente, opposta. Il primo per l’ineluttabilità della propria condizione, il secondo perchè nonostante i propri sforzi l’uomo non ha ancora compreso la sua reale situazione.

Poi, d’improvviso, entra una testa. Che sia la mente dell’uomo? Il suo subconscio? Probabile. Come è certo che è quella testa pensante, autonoma, ad avvertire l’uomo e baciare il giocoliere. Ne è attratta. E’ attratta da quella condizione emotiva suscitata, senza la quale, forse, non può più esistere.

Entra lo sportivo. Fa pesi, anche se la forza fisica in quel luogo non ha alcun valore. Forse è per questo che, all’entrata di uno spettro dala porta d’uscita, lo sportivo esce. Il messaggio è chiaro anche stavolta. Su uno scorrere lento del tempo fino a fermarsi capiamo che il fisico, il corpo umano, deve lasciar spazio a quacosa di nuovo, di intuitivo. Di alegorico, quasi.

Lo spettro rappresenta il nuovo concetto di esistenza, a discapito di quella precedente che, ormai, ha deciso di abbandonare l’uomo.

A riprova che il giocoliere sia una figura fondamentae, è mostrato mentre gioca con lo spettro. Ma questo apparente gesto inutile e vezzoso non deve distrarre dalla reale acumità del personaggio. Il giocoliere non sta solo giocando. Si sta giocando la vita dell’uomo con lo spettro. E vince. E, come vedremo più avanti, la vittoria gli garantisce una qual certa autonomia nei confronti del premio stesso.

L’uomo in pigiama che fa colazione, infine, rappresenta la necessità di nutrirsi. Di nutrirsi di consapevolezza. Ed infatti è proprio questo fantoccio umanizzato a mostrare, in posizione precaria su un piede solo, la vera precarietà della vita che sta scivolando via.

Tutto questo dura finchè la testa entra e richiama i due che, prontamente, escono. Quasi ad indicare che la coscienza, nonostante tutto, è sempre presente, anche se ad un livello differente di consapevolezza.

La condizione dell’uomo è grave. L’ECG che risuona al prontosoccorso non promette nulla di buono. I medici tentano di salvarlo e, in quel frangente, i più avranno intravisto, riflesso in uno specchio, il giocoliere. Si intravede appena ma la sua presenza è nuovamente fondamentale.

E’ colui il quale renderà possibile il passaggio dalla vecchia realtà a quella nuova. Colui che accompagnerà l’uomo nel suo trapasso.

E, infatti, è proprio il giocoliere a strappare un pezzo dall’uomo e a gettarlo via, come non servisse. Come se in quel nuovo posto, privo di dottori, non servisse più nulla.

Il segnale è piatto. Il passo è compiuto. Non si può tornare indietro. Ed è proprio in quel momento che realizza quanto sta accadendo e comprende la verità più alta, quella più importante. Quella che gli è stata suggerita fin’ora dai vari fantocci, dai vari archetipi umanizzati della propria coscienza.

L’unico modo di risolvere quella situazione, quel rebus, è di infrangere la scatola. Di rompere gli schemi mentali e di abbracciare una nuova realtà. Quella che lo vede libero da ogni costrizione del proprio Io. Quella che lo vede risvegliarsi, come in una seconda chance, in una bara.

L’uomo ha accettato la sua condizione. Si guarda allo specchio e vede se stesso indossare l’abito insanguinato di prima. Il riflesso ride di lui. Ma a ben guardare non è il riflesso a ridere di lui. E’ lui stesso. E lui, quello insanguinato, la vittima dell’incidente. E’ lui a morire. Ed è lui, incredibilmente, a restare.

L’altro, l’uom o risvegliatosi nella bara, quello è solo un riflesso, un ricordo che svanisce, per lasciare il posto ad un tavolo da biliardo al quale il giocoliere sta giocando.

L’invito è accettato. Ormai è tutto chiaro e palese. Non ci sono più puzzle da risolvere. Occorre solo lasciarsi andare. L’uomo partecipa alla partita.

E, nel colpire la palla numero 5 si sente realizzato, finalmente compreso.

Finalmente libero.

sep3

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