NOCTURNO giallo

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Titolo
NOCTURNO giallo

Staff Creativo
Story By: Matteo Bonvicino
Director: Matteo Bonvicino


Synopsis

Uno sconosciuto alla porta. Dei passi. Un colpo di pistola. Basta questo a sconvolgere del tutto un’esistenza e ad inscatolare l’io in un sinuoso e contorto gioco di specchi, accompagnato da una melodia tenue e gentile. E proprio da questa trappola per la mente che si dipana, inevitabile, il percorso che conduce alla morte.


La Rilettura

Un’incarnazione.

Un’incarnazione. Propria di noi, del nostro spirito vitale. Una sorta di melodrammatica sequenza ininterrotta di sensazioni e di frangenti indescribili che, apparentemente, sembrano propiziare un qualcosa di ultimo, di solenne.

Saldamente infranta, nell’avvicendarsi dell’azione, la vita del protagonista sembra ripercorrere gli ultimi attimi, gli ultimi momenti, quasi congelato, quasi paralizzato nel proprio io interiore, fermato e maltrattrato dalla propria ragione, racchiusa ll’interno di una stanza vuota.

Stanza che, parallelamente, è ricca di vita e di animosità, dove albergano, come sbucati dai meandri della mente, fantocci umanizzati che poco hanno di umano e molto di diabolico, di distorto.

Incapaci di comunicare in altro se non attraverso i cinque sensi, come la nostra stessa coscienza, dalla quale comunque essi derivano.

In un turbinio di emozioni e di musicalità, queste personalità multiple dell’io, queste rappresentazioni anomali e paradossali sembrano essere in gradi di attrarre, come moderne sirene, lo sventurato protagonista che si ritrova, così, assoggettato alla volontà voluttuosa e carnefice di questa simulacri imbarazzanti.

A nulla valgono gli estremi tentativi difuggire da una situazione opprimente e claustrofobica. La scomprsa delle porte è la comparsa della possibilità di uscire, di tornare alla vita normale, quella precedente. Quella viva. Quella vera.

Purtroppo la condizione temporanea di sospensione è condizionata da un vizio di forma, rappresentato dalla precarietà della definzione stessa di luogo incontaminato e popolato solo dai doppelganger.

Solo lasciandosi andare a certi vizi e certe accattivanti e dolorse perversioni, la nostre mente può abbracciare tali ed altri significati che, a lungo, portano ad una presa di coscienza così alta da non lasciarci più fuggire.

Nemmeno un vano tentativo, nemmeno una vana gloria dell’ultimo minuto potranno essere d’aiuto. Il piano inizia a suonare, sempre più melodioso. Il giornale è riaperto e sembra riportare quegli ultimi attivi di esistenza all’inizio dell’avventura quando, improvvisamente, tutto ha cominiciato a declinare.

Eppure, come in un singulto, con un ossimoro, l’esistenza incorre nell’annullamento, nella comprensione onirica (e non solo) del proprio destino, legato indissolubilmente, ormai, proprio a quegli imbarazzanti e feroci fantocci umanizzati che popolano la nostra mente, quasi rassicuranti, sebbene deprimenti.

E nel silenzio tombale, infine, si compie nuovamente il misfatto, l’incommensurabile. Si apre una porta, un ricordo vago e labile, dei passi suggellano l’avvenire e lo inchiodano con un colpo di pistola. Ed ecco sgorgare il sangue dal petto, ecco il foro del proiettile e, compiaciuti, i doppelganer riuniti, nuovi custodi dell’anima.

La stanza non si può lasciare a meno che di venire a patti con la propria coscienza, con il proprio io, intrappolato. Uscire significa, dunque, abbandonarsi, negare ogni cosa. Non si può fare, non si vuole fare.

Nè è possibile, però, decidere. Il tutto risulta una scelta già compiuta, solo da comprendere, come da comprendere e da accettare è l’amore infernale, quello che spinge verso lidi più tumultuosi e incontenibili. Un amore cieco che porta alla pazzia delle azioni, in un contesto singolare come un ultimo, malinconico, ballo.

Dopodichè il fuoco del camino si spegne, così come il fuoco della vita. Tutto è compiuto. Non si torna indietro. Nè oggi, nè mai. Ma ciò che conta è accettare la cosa ed attendere.

Prima o poi un’altra canzone risuonerà.

sep3

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